Realizzare il Piano di Costruzione di una barca esistita ma della quale non ci siono relitti ma solo ricostruzioni e modellini in bronzo e terracotta non è semplice.
Se non si ha l’approccio corretto, di grande modestia e rispetto delle fonti, nonché di una forte curiosità, si rischia di fare dei danni…..
Il piano di costruzione da noi elaborato con la consulenza dell’Archeologa Anna Depalmas, docente all’Università di Sassari di Protostoria Europea e massima esperta nel campo delle Navicelle, da questo punto di vista è rigoroso ed il risultato finale ci rende molto orgogliosi, perché il modello generato è, dal punto di vista delle conoscenze e dei materiali del tempo, delle riproduzioni trovate, assolutamente plausibile nelle dimensioni, nei materiali e compatibile con le rotte che certamente venivano percorse.

NAVICELLA PdiC in negativo

Proprio per questo il risultato finale offre un oggetto non banale, abbastanza diverso dalle rappresentazioni anche modellistiche che ne vengono fatte, ma che talvolta peccano o dal punto di vista strutturale o altro, andando a realizzare degli oggetti che, riportati alla scala reale, avrebbero avuto grossi problemi a navigare.
Si tratta di una imbarcazione cosiddetta cucita, in cui le tavole di fasciame venivano collegate tra loro con cordami, e successivamente lo scafo così creato veniva irrobustito con l’inserimento di costolature e probabilmente di un trave centrale (una chiglia) che servisse a distribuire gli sforzi generati dal mare sullo scafo.
Aveva dimensioni di 12 metri di lunghezza, con una larghezza massima di 3 metri, ed era dotata di albero a vela quadra e probabilmente remi e doppio timone a pala.
La navicella è caratterizzata da alcuni elementi che la distinguono dalle imbarcazioni coeve del Mediterraneo, elementi riportati in tutte le riproduzioni: una pronunciata protome a forma di testa di animale con imponenti corna; di questa protome, che viene riportata di dimensioni quasi sproporzionate rispetto alla barca, si pensa servisse quasi come contrappeso, stante che la maggior parte del carico, posto a poppavia dell’albero, creava un appoppamento dello scafo, dannoso per la navigazione.
Altro elemento caratterizzante è la parte centrale della murata, spesso riportata come traforata o con elementi in legno a V, e su una struttura centrale particolarmente alta; anche per questo si è trovata una spiegazione, legata sia alla necessità di irrigidire la struttura dello scafo creando una sorta di scatola di irrigidimento, sia per offrire protezione dalle intemperie sia alle merci che all’equipaggio.
Lo scafo era simmetrico, con l’unica differenza che individuava la prua, dotata di protome, mentre il dritto di poppa terminava senza alcuna sporgenza.
Infine, le legature longitudinali con funzione di irrigidimento strutturale.
La particolare altezza della murata fa si che la vela quadra, inferita su pennone orizzontale retto dall’albero, posto leggermente a prua del punto di mezza nave, sia abbastanza alta; questa posizione è abbastanza plausibile, in quanto essendo le velature realizzate con canapa o altri materiali molto pesanti se bagnati, il tenere la vela abbastanza lontana dall’acqua è una situazione credibile.

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